RIFIUTI – Non è reato se il Formulario di identificazione del rifiuto (f.i.r.) contiene dati falsi!
- Dott, Giuseppe Aiello, Comandante Polizia Municipale di Lioni (AV)
- A seguito di numerosissime richieste di delucidazioni, da parte di operatori addetti ai controlli, in riferimento alla falsificazione di F.I.R. e al relativo regime sanzionatorio da applicare ho ritenuto opportuno riprendere ed esaminare la setenza n. 52838 del 14/12/2016 della III Sez. Penale della Cassazione che costituisce un autorevole risposata ai tanti dubbi che l’argomento suscita.
Il trasporto di rifiuti effettuato da enti o imprese, in base a quanto è stabilito nell’art 193 del D.lgs 152/2006, deve essere accompagnato dal formulario di identificazione dei rifiuti. Esso deve contenere alcuni dati essenziali (nome ed indirizzo del produttore e del detentore; origine, tipologia e quantità del rifiuto; impianto di destinazione; data e percorso dell’instradamento; nome ed indirizzo del destinatario). Sempre in base al citato art. 193 il formulario di identificazione deve essere redatto in quattro esemplari, compilato, datato e firmato dal produttore dei rifiuti e controfirmate dal trasportatore. Nel momento in cui il carico dei rifiuti giunge a destinazione il formulario dovrà anche essere firmato dal soggetto che accetta il carico che in tal modo dà atto di aver ricevuto i rifiuti.
Cosa succede se, al fine di mascherare attività illecite, vengono falsificati i documenti di identificazione e trasporto dei rifiuti o si procede alla redazione di f.i.r. falsi per trasporti mai avvenuti ?
Secondo la Sentenza , n. 52838 del 14/12/2016 – Pres. Fiale – Est. Andronio – Ric. S.G. e altri
della Corte di Cassazione Penale, la falsificazione del Formulario non può essere individuata nell’ipotesi delittuosa di cui all’art. 483 cod. pen.: manca, infatti, al formulario, la natura di atto pubblico destinato a provare la verità di un fatto.
I giudici della Suprema Corte giungono a conclusione che Il formulario di identificazione dei rifiuti (f.i.r.) non ha alcun valore certificativo della natura e composizione del rifiuto trasportato, trattandosi di documento recante una mera attestazione del privato, avente dunque natura prettamente dichiarativa; con la conseguenza che l’eventuale falsa attestazione in esso contenuta non integra il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, di cui all’art. 483 cod. pen., richiamato – peraltro esclusivamente con riferimento alla pena applicabile – dall’art. 258, D.Lgs. 152/2006.
L’art. 258 comma 4 del D.lgs 152/2006, richiamando «la pena di cui all’art. 483 cod. pen.» prevede una fattispecie penale, per chi, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti o fa uso di un certificato falso durante il trasporto. Fuori da questi casi invece qualora vi è falsificazione di dati all’interno del formulario si procede con sanzione in via amministrativa come pur previsto dal c.4 dell’art 258.
Sostanzialmente la Suprema Corte ritiene che tra il formulario e i certificati vi è diversa natura giuridica. Sebbene il formulario abbia una sua specifica valenza in ragione dei dati che obbligatoriamente vi sono contenuti si concreta in una mera attestazione del privato, avendo, in sostanza, un contenuto essenzialmente dichiarativo, con la conseguenza che l’eventuale falsa attestazione in esso contenuta non integra – né direttamente né, attraverso il richiamo contenuto nell’art. 258, comma 4, del codice dell’ambiente – il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, di cui all’art. 483 cod. pen. (sulla natura dei formulari di identificazione dei rifiuti v., ex multis, Sez. 3, Sentenza n. 43613 del 18/09/2015 Ud., dep. 29/10/2015, Rv. 265263, resa in una fattispecie sovrapponibile a quella per la quale qui si procede; nonché Sez. 3, Sentenza n. 42465 del 20/09/2013 Ud., dep. 16/10/2013, Rv. 257757; Sez. 3, Sentenza n. 19682 del 02/04/2013 Ud., dep. 08/05/2013, Rv. 255901; Sez. 3, n. 3692 del 17/12/2013). Diversamente, il certificato si distingue dal formulario in ragione del fatto che esso, per definizione, risponde ad una esigenza di certezza pubblica e proviene da soggetto qualificato ed abilitato all’esercizio di una specifica professione che, nel caso previsto dal richiamato art. 258, comporta l’esternazione di dati precedentemente acquisiti attraverso specifiche metodologie concernenti natura, composizione e caratteristiche del rifiuto, tanto che la specifica violazione prevista dalla disposizione in esame si pone in rapporto di specialità rispetto al reato di cui all’art. 481 cod. pen. .
In ultimo però i Giudice della Suprema Corte precisano che l’esclusione della rilevanza penale della violazione consistente nella redazione e utilizzazione di f.i.r. falsi non può incidere in negativo sull’accertamento dei reati di abusiva gestione di rifiuti o traffico illecito o su altre fattispecie di violazioni a carattere “sostanziale”, perché i f.i.r. rappresentano, comunque, uno degli elementi di fatto che devono essere presi in considerazione ai fini di tale accertamento.
2.12.2019
Dott. Giuseppe Aiello
Cass. Pen., Sez. III, n. 52838 del 14/12/2016 – Pres. Fiale – Est. Andronio – Ric. S.G. e altri
SENTENZA
Ritenuto in fatto
1.Con sentenza del 1 luglio 2014, la Corte d’appello di Napoli ha confermato, quanto alla responsabilità penale e civile, la sentenza del Gip del Tribunale di Napoli del 13 ottobre 2011, resa all’esito di giudizio abbreviato, con la quale -per quanto qui rileva -gli imputati indicati in epigrafe erano stati condannati -a diverse pene, oltre al risarcimento dei danni nei confronti delle parti civili, da determinarsi in separato giudizio, e con liquidazione di provvisionali immediatamente esecutive -ritenuta la continuazione e concesse le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti, nonché la sospensione condizionale della pena subordinata al pagamento delle provvisionali, per i reati di cui ai seguenti capi dell’originaria imputazione: 1) art. 416 cod. pen., per essersi associati al fine di commettere una serie indeterminata di delitti concernenti il traffico di rifiuti, per una movimentazione complessiva, nel solo periodo tra il marzo 2006 e il marzo 2007, di circa 62.000 t, attraverso: la falsificazione di documenti di identificazione e trasporto dei rifiuti; la falsa attestazione, in relazione ai rifiuti abusivamente ritirati da S.E., dell’avvenuto conferimento al recupero tramite la G.S. presso gli impianti della E. s.r.l.; il temporaneo strumentale stoccaggio presso la E. dei rifiuti poi destinati a smaltimento prevalentemente presso impianti di discarica, senza procedere alle prescritte operazioni di recupero, previa fittizia modifica dei codici di identificazione o fittizie attività di recupero all’interno di altri impianti; l’illecito smaltimento dei rifiuti negli impianti di produzione di combustibile attraverso l’uso di autocompattatori del servizio pubblico di raccolta dei rifiuti solidi urbani della città di Napoli e Provincia; la ricezione, presso gli impianti di recupero, di rifiuti anche pericolosi, in contrasto con le autorizzazioni; l’organizzazione di spedizioni transfrontaliere di materiale non regolarmente recuperato, accompagnato da documentazione di trasporto attestante la conformità del materiale stesso alle norme UNI-EN 643, in violazione dell’art. 194 del d.lgs. n. 152 del 2006; con l’aggravante, per S. o G., D.V. G., C.A., di avere agito in qualità di capi e promotori dell’associazione (fatto accertato tra il marzo 2006 e il marzo 2007, con condotta perdurante); 3) artt. 110, 81, secondo comma, cod. pen., 260 del d.lgs. n. 152 del 2006, per avere, in concorso tra loro e con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, al fine di conseguire un ingiusto profitto consistente nel dover sopportare i costi ordinariamente dovuti per recuperare i rifiuti, con più operazioni e con l’allestimento di mezzi di trasporto e personale delegato al compimento di attività illecite e alla predisposizione della falsa documentazione, ceduto, ricevuto, trasportato, smaltito ingenti quantitativi di rifiuti, stoccandoli abusivamente negli impianti della E., dove venivano fittiziamente sottoposti ad operazioni di trattamento e recupero, mediante attestazione di recupero all’interno di altrettanti impianti, ma erano in realtà destinati all’illecito smaltimento anche mediante autocompattatori del servizio pubblico (accertato dal marzo 2006 al marzo 2007, con condotta perdurante); 4) artt. 110 cod. pen., e 256 del d.lgs. n. 152 del 2006, perché, in concorso tra loro, al fine di depositare i rifiuti fittiziamente destinati a recupero presso gli impianti E. attraverso l’impresa di trasporto G.S., ma in realtà illecitamente raccolti, intermediati e stoccati dalla S., realizzavano una discarica abusiva di rifiuti provenienti prevalentemente dal settore industriale calzaturiero e tessile, prima di destinarli all’illecito smaltimento mediante autocompattatori del servizio pubblico di raccolta (accertato dal marzo 2006 all’ottobre 2006, con condotta perdurante); 5) artt. 110, 81, secondo comma, 61, n. 2), 483 cod. pen., perché, in concorso tra loro e nelle qualità sopra indicate, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso e al fine di commettere i reati di cui ai capi precedenti, redigevano formulari di identificazione e trasporto di rifiuti falsi in relazione alle operazioni effettuate e al materiale ritirato e fittiziamente avviato al recupero presso l’impianto della E. (accertato dal marzo 2006 al marzo 2007, con condotta perdurante); 6) per i soli D.V. G., C.B. e C.A., artt. 110, 81, secondo comma, 319, 320, 61, n. 2), cod. pen., perché, in concorso tra loro e al fine di commettere il reato di cui al capo 1), consegnavano ripetutamente una somma di denaro di circa € 15,00, nonché ulteriori somme di importo non determinato, agli autisti e agli operai del servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani del Comune di Napoli e Provincia affinché questi, quali impiegati di un pubblico servizio, commettessero atti contrari al loro ufficio, consistenti nel ritirare materiale costituente rifiuto proveniente da operazioni di gestione effettuate abusivamente (in date indeterminate, accertato il 29 maggio 2006).
La Corte d’appello ha invece revocato la condanna degli imputati al pagamento della provvisionale in favore delle parti civili costituite.
2.Avverso la sentenza gli imputati S.G., A.D., C.A., C.L., C.B., B.A. hanno proposto – tramite il difensore avv. F.R. – ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento.
[…]
2.2.Un secondo gruppo di motivi è riferito all’erronea valutazione giuridica dei f.i.r, come falsi anziché come inesatti. Si sostiene, in particolare, che, ai sensi dell’art. 58, comma 4, del d.lgs. n. 152 del 2006, la dichiarazione nei f.i.r. di dati inesatti è sanzionata in via amministrativa, anziché ai sensi dell’art. 483 cod. pen. In altri termini, la fattispecie del formulario inesatto non potrebbe essere equiparata a quella, sanzionata penalmente, dell’uso di un certificato di analisi di rifiuti falso.
Considerato in diritto
12.I ricorsi sono solo parzialmente fondati.
[…]
15.Le doglianze riferite alle conseguenze giuridiche della falsità dei f.i.r. (sub 2.2. e, in parte, 10.5.) sono invece fondate. Ai sensi dell’art. 258, comma 4, del d.lgs. n. 152 del 2006, l’indicazione nel formulario di dati incompleti o inesatti è sanzionata in via amministrativa. La fattispecie penale prevista dallo stesso comma 4 dell’art. 258 il quale richiama «la pena di cui all’art. 483 cod. pen.» -si configura, invece, per chi, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti o fa uso di un certificato falso durante il trasporto. Secondo la prospettazione difensiva, nel caso di specie non si tratta di falsi certificati, ma di dati incompleti o inesatti inseriti nei formulari di identificazione dei rifiuti. Secondo la Corte d’appello (pag. 38 della sentenza impugnata) si tratta, invece, di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, considerato che non vi è, nel caso di specie, una mera irregolare compilazione dei f.i.r., ma vi è l’attestazione di circostanze false relative alla classificazione o all’effettivo trasporto dei rifiuti. Si tratta, in altri termini, della redazione di f.i.r. falsi per trasporti mai avvenuti; e a ciò la Corte d’appello fa conseguire che l’art. 483 cod. pen. non trova applicazione in quanto richiamato dall’art. 258, comma 4, del codice dell’ambiente, ma trova applicazione diretta.
Rileva il collegio che la ricostruzione effettuata dalla Corte d’appello -nel senso che vi è stata la redazione di f.ì.r. falsi per trasporti mai avvenuti -risulta corretta sul piano fattuale ma non su quello delle conseguenze giuridiche che ne vengono fatte derivare.
I formulari di identificazione dei rifiuti, disciplinati dall’art. 193 del d.lgs. n. 152 del 2006, art. 193 (disposizione che ha subito nel tempo diverse e rilevanti modifiche, che non assumono rilievo ai fini della soluzione della questione in esame), sono richiesti per il trasporto di rifiuti effettuato da enti o imprese e devono contenere alcuni dati essenziali (nome ed indirizzo del produttore e del detentore; origine, tipologia e quantità del rifiuto; impianto di destinazione; data e percorso dell’instradamento; nome ed indirizzo del destinatario), la cui presenza è imprescindibile, pur non escludendosi, comunque, la possibilità che il formulario contenga ulteriori informazioni, come emerge dal tenore letterale dell’art. 193, il quale prevede anche ulteriori requisiti ed alcune esenzioni per determinate tipologie di trasporto. Tenendo conto dei contenuti e delle finalità del formulario, dottrina e giurisprudenza hanno individuato le sostanziali differenze tra detto documento ed il certificato, cui fa pure riferimento il d.lgs. n. 152 del 2006, art. 258, comma 4, che punisce, richiamando l’art. 483 c.p., la predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti contenente false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti medesimi e di uso di certificato falso durante il trasporto. Si tratta di atti che hanno diversa natura giuridica, perché, sebbene il formulario abbia una sua specifica valenza in ragione dei dati che obbligatoriamente vi sono contenuti e ad essi il legislatore abbia attribuito un rilievo non secondario, in ragione delle finalità di compiuta identificazione del rifiuto, nondimeno esso si concreta in una mera attestazione del privato, avendo, in sostanza, un contenuto essenzialmente dichiarativo. Diversamente, il certificato si distingue dal formulario in ragione del fatto che esso, per definizione, risponde ad una esigenza di certezza pubblica e proviene da soggetto qualificato ed abilitato all’esercizio di una specifica professione che, nel caso previsto dal richiamato art. 258, comporta l’esternazione di dati precedentemente acquisiti attraverso specifiche metodologie concernenti natura, composizione e caratteristiche del rifiuto, tanto che la specifica violazione prevista dalla disposizione in esame si pone in rapporto di specialità rispetto al reato di cui all’art. 481 cod. pen. Va peraltro ricordato che il richiamo all’art. 483 cod. pen., contenuto nell’art. 258, di cui si è appena detto, è un richiamo esclusivamente quoad poenam; né può ritenersi che un trasporto di rifiuti effettuato con formulario contenente dati non veritieri configuri autonomamente l’ipotesi delittuosa di cui all’art. 483 cod. pen.: manca, infatti, al formulario, la natura di atto pubblico destinato a provare la verità di un fatto.
Va quindi ribadito che il formulario di identificazione dei rifiuti (f.i.r.) non ha alcun valore certificativo della natura e composizione del rifiuto trasportato, trattandosi di documento recante una mera attestazione del privato, avente dunque natura prettamente dichiarativa; con la conseguenza che l’eventuale falsa attestazione in esso contenuta non integra – né direttamente né, attraverso il richiamo contenuto nell’art. 258, comma 4, del codice dell’ambiente – il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, di cui all’art. 483 cod. pen. (sulla natura dei formulari di identificazione dei rifiuti v., ex multis, Sez. 3, Sentenza n. 43613 del 18/09/2015 Ud., dep. 29/10/2015, Rv. 265263, resa in una fattispecie sovrapponibile a quella per la quale qui si procede; nonché Sez. 3, Sentenza n. 42465 del 20/09/2013 Ud., dep. 16/10/2013, Rv. 257757; Sez. 3, Sentenza n. 19682 del 02/04/2013 Ud., dep. 08/05/2013, Rv. 255901; Sez. 3, n. 3692 del 17/12/2013). Deve però aggiungersi che l’esclusione della rilevanza penale della violazione consistente nella redazione e utilizzazione di f.i.r. falsi non può incidere in negativo sull’accertamento dei reati di abusiva gestione di rifiuti o traffico illecito o su altre fattispecie di violazioni a carattere “sostanziale”, perché i f.i.r. rappresentano, comunque, uno degli elementi di fatto che devono essere presi in considerazione ai fini di tale accertamento.
La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata senza rinvio quanto al reato di cui al capo 5), perché il fatto non sussiste.
[…]